venerdì 13 febbraio 2015

Il senso della vita

Il mondo dei grandi non è sempre un luogo bellissimo

Arrampicarmi sulle ginocchia di papà era il mio gioco preferito e sapevo che se avessi teso le braccia, lui
 si sarebbe immediamente volto verso di me e mi avrebbe abbracciata e poi
sarei volata sulle nuvole tra le sue braccia...
E allora mi parlava con dolcezza, con quel suo tono sommesso, che mia madre protestava sempre
di non udire bene:
" Non credere che il mondo dei grandi sia un luogo bellissimo, non ti affrettare ad arrivarci...vedi, io, il tuo papà ...sono come te e vorrei giocare....
...invece ci sono le responsabilità, cose che tu non conosci, contraddizioni...ma se avrai giocato abbastanza da bambina, le affronterai con coraggio. Il mondo è serio, ma se sorriderai sempre, riuscirai ad affrontare tutto..è come un gioco, una grande prova..."
Parole oscure allora, perché sì..era vero: trovavo affascinante la mamma che si ripassava il rossetto davanti allo specchio, prima di uscire ed anche se la guardavo un po' preoccupata (mi avrebbe portato con sé o no?) mi appariva l'essere più bello del mondo e papà, così sicuro e scintillante nella sua auto sportiva, ma così serio e quasi algido nei rapporti pubblici non lasciava immaginare come potesse essere tenero con noi bambine e...romantico con la mamma....difficile da credere che non fosse un bel mondo quel che mi aspettava...

La mia non era stata una famiglia religiosa nel senso più comune del termine, non solo non erano praticanti, ma  mio padre si professava addirittura ateo e mia madre, tenacemente borghese, semplicemente onorava i riti di questa società.
Appresi dell'esistenza di Dio da una prozia affettuosissima e negli istituti religiosi dove studiai....nel mio cuore si apriva una certezza senza eguali.

Mai  le piccole e grandi avversità si incisero profondamente nel mio cuore

Maturai un punto di vista obiettivo e franco, ma pure spirituale e fantasioso, a volte un pò dogmatico, ma incline al perdono:
 e così mai  le piccole e grandi avversità si incisero profondamente nel mio cuore.

Oggi mi chiedo se tutto quello di cui parlava papà io l'abbia poi sperimentato davvero...perché non saprei dire quando mi resi conto che anche la vita era un gioco.

Spesso sorrido tra me e me e alcune situazioni del mondo mi sembrano buffe, altre volte ne soffro  un pò perché
 appaiono dei controsensi enormi ...contrapposti alla chiarezza della mia percezione...
Credo che il senso della vita si esprima differentemente per ciascuno di noi...ma che poi ritorni attraverso una spirale convergente verso le scelte d'Amore.

Come dimostra quello che mi è capitato proprio pochi giorni fa e che vi voglio raccontare, ma per farlo dobbiamo ritornare indietro nel tempo, a ben 10 anni fa...

La storia di Gigia e Pierina

Pierina a quel tempo abitava poco lontano dal paese in una modesta casetta, fatta con i risparmi della mezzadria, terminata per lei ed il suo amato marito neanche troppo tempo prima, negli anni settanta...riscattata l'abitazione l'avevano abbellita con grazia non eccessiva, rispettando quella vita semplice che avevano condotto e non rinunciando mai alla coerenza e al buon gusto.
Ogni domenica la loro unica figlia Ninetta si recava a trovare sua madre, vedova da diversi anni, ed era un' occadione per portare  i nipotini, meno spesso ci si recava col marito.
Pierina sapeva da tempo che tra sua figlia e Antonio, quell'uomo che aveva voluto sposare troppo in fretta,troppo diverso per nascita e abitudini, le cose non andavano bene, ma pregava tutte le notti perché la famiglia si mettesse a posto, come ripeteva fra sé e sé. Per questo non si mostrava irritata dall'evidente disgusto che lui palesava per la vita rurale che la suocera conduceva: capiva anzi  che a  lui, illustre avvocato, vissuto tra gli agi di una condizione sociale "superiore", in una città troppo lontana,per poterla solo immaginare, la sua vita di campagna doveva apparire proprio miserabile.
Perché avesse trovato  sua figlia tanto attraente da volerla sposare, non lo capiva, ma sospettava che in quella studentessa in legge, allora semplice e tanto ingenua, avesse potuto sfogare la sua ansia di despota.Il destino delle donne non era facile, si diceva.

Quella settimana Ninetta,  era venuta da sola, anzi, non proprio sola: con un batuffolo bianco al seguito, che era balzato  scodinzolando dalla vettura lussuosa di sua figlia.
"Mamma" l'aveva pregata poi Ninetta " Antonio non vuole che noi si continui a tenere Gigia" disse indicando la piccola barbo-maltesina che l'accompagnava serena ed ignara.
"Vedi.. è troppo vivace e lascia tanti  peli in giro, mi ha detto di portarla in canile..ma non ce la faccio proprio: non potresti tenerla qui?Così i bambini non ne soffrirebbero troppo..."
Pierina si era fatta pregare un po', ma poi,di fronte alla preoccupazione della figlia, capitolò e promise che l'avrebbe tenuta.
Fu così che Gigia fece la sua comparsa alla casa sui campi.
I primi giorni  intimidita e rattristata,  poi col tempo avrebbe preso a seguire Pierina alla sua passeggiata al camposanto, al pomeriggio e poi sui campi nella bella stagione, a settembre nella vigna e alla raccolta delle olive in autunno...quella strana signora che all'inizio non parlava mai, mai una carezza, ma che le offriva parte della sua minestra, anziche' le crocchette con cui era stata abituata... quella signora che aveva odori così curiosi, che visitava le oche e le galline e la sgridava quando lei si divertiva a rincorrerle sull'aia.
Gli anni passarono e vide di rado i suoi vecchi padroncini, e spesso quando erano in visita la chiudevano nella corte e non poteva raggiungerli in casa, ma poi, quando andavano via, Pierina le portava un bell'osso e la coccolava alla maniera contadina con qualche buffetto bonario.
 Col tempo Pierina, complice la sua solitudine, aveva iniziato a rivolgersi a Gigia proprio come fosse una persona:
"Andiamo a trovare Alfredo?" e questo voleva dire la passeggiata al camposanto, quando Pierina portava qualche fiore e qualche preghiera al suo defunto marito.
Poi "andiamo a far spesa" significava tornare con qualche gustoso bocconcino acquistato in paese.
La sera, accanto alla stufa a legna, Pierina cucinava una bella zuppa e a lei dava qualche crosta di pane, di formaggio e pure una carezza.
Gigia prese ad ingrassare e pure Pierina.
Gli anni trascorrevano e loro erano divenute  inseparabili, l'anziana contadina e la non più giovane barboncina,  entrambe colpite dall'artrite per l'umidità di quelle vecchie case di pietra, camminavano un po' incerte lungo la strada del paese, inseguendo il sole d'inverno e schivandolo d'estate sotto qualche quercia, quando era troppo caldo.
Poi un brutto giorno Pierina si ammalò e fu portata in ospedale. Gigia vide l'ambulanza giungere nel piazzale e portare via la vecchia padrona. Rincorse l'ambulanza finché poté...poi la sirena si mise a suonare e la piccola si terrorizzò, correndo  a nascondersi nel fienile.
Iniziò ad aspettare Pierina tutti i giorni, andava in paese al mattino, al pomeriggio al camposanto e poi tornava a casa sconsolata.I giorni trascorrevano e la sua pappa era assicurata: un vicino di buon cuore andava a portare da mangiare agli animali di Pierina.
Solo dopo due settimane giunse Ninetta preoccupata, affranta, chiese al vicino se, ora che sua madre non c'era più, poteva lui stesso prendere Gigia.
Quello non parve contento, ma accettò ugualmente di occuparsi di portarle del cibo, finchè non si fosse trovata una soluzione.
E così trascorse un anno. Gigia trotterellava come sempre al pomeriggio sino al camposanto e nel paese tutti l'amavano e molti si commuovevano, ma nessuno aveva immaginato della sorte che l'attendeva...
Accanto alla tomba di Alfredo c'era oramai anche Pierina, ma la piccola barboncina non poteva saperlo.
"Mi raccomando Gigia" aveva detto Pierina dal suo letto di dolore: " Non fatela soffrire!"
Non preoccuparti mamma, pensa solo a guarire" aveva risposto subito premurosamente sua figlia. Ma ora i mesi passavano e la presenza di Gigia era diventata un problema.Avevano regalato le oche, i conigli, le galline, ma quella cagnetta arruffata e bizzarra, che camminava un po' ondulante, sembrava non volerla proprio nessuno.
Presto la casa sarebbe stata venduta e Ninetta aveva mentito ad Antonio dicendo che la cagnetta era oramai a casa dei vicini.
Ma un brutto giorno l'avvocato accompagno' il nuovo acquirente a vedere la proprieta'...Ninetta non seppe mai nulla, ma quando quello si trovò faccia a faccia con la piccola barboncina, non seppe reprimere un moto di disgusto..."E' rognosa?" chiese l'altro indicando la cosetta grigia con il pelo arruffato e sporco...un pò bizzosa e ringhiante verso il nuovo arrivato
"Non so come mai sia qui, è il cane di mia suocera, l'avevano presa i vicini, poi la riporteremo indietro, non si preoccupi" aveva sentenziato l'avvocato sbrigativamente, con un moto di impazienza; ma pochi giorni dopo tornò lui stesso con un trasportino, indossò un paio di guanti robusti ma pronto a catturarla anche con la forza, si stupi' dell'arrendevolezza della cagnetta. "Meglio così", disse fra sé e accomodo' Gigia nell'auto nel trasportino.
Si fermò a quasi 100 chilometri, una radura offriva un po' di riparo, lasciò  dei crackers che aveva con sé e si disse felice di come quella cagnolina potesse gioire di un ambiente naturale,sicuramente ideale per un animale. Poi aprì la gabbietta e lasciò che quella saltasse giù goffamente..era sporca,artrosica, grassottella... ma forse poteva trovarsi una nuova famiglia adatta in quelle campagne...

Chiuse la portiera come avrebbe sempre tenuto serrato il suo cuore, per il resto dei suoi giorni e ripartì verso la città.

Gigia era curiosa dell'ambiente nuovo, ma era quasi l'ora della passeggiata al camposanto e li' non riconosceva alcun odore delle sue parti, esplorò poco convinta il circondario, cercando di tenere la strada principale, come faceva sempre con Pierina.Poi pensò che sarebbero venuti a riprenderla e attese.
Fu così che gli abitanti di Sasso e Sant'Elena, due paesini di poche anime, videro la cagnetta risalire e scendere la china..molte e molte volte in quei giorni.

Quando io la incontrai, molti mi avevano già segnalato la sua presenza, ma nessuno sapeva da dove venisse ma la piccola che era disorientata e camminava in mezzo alla carreggiata, affamata e confusa, mostrava i denti a chi cercasse di fermarla.
Le sue condizioni erano preoccupanti, anche perché di notte in quella zona pascolavano cinghiali e istrici e anche grosse volpi, come pure i cani del pastore.Troppi pericoli per una cagnolina anziana e poco avvezza a vivere nei boschi.
Non sapevo cosa fare, le previsioni parlavano di un peggioramento della condizione atmosferica e nel week end i ricoveri erano chiusi, decisi allora di posizionare  una serie di scatoloni lungo il suo percorso, con del cibo all'interno, perché  potesse almeno sfamarsi, se non ripararsi...cercavo di farmela amica, ma quel giorno la cercai dovunque senza successo: sembrava scomparsa.
E giunse la notte, freddissima : scesero bianchi fiocchi di neve e il paesaggio collinare apparve muto e spettrale."Forse è tornata a casa sua", mi consolavo, non sapendo cosa pensare.
L'indomani mattina Sighi, la potente rot weiler-pitbbul accolta anni prima e rieducata, aveva corso divertita in giardino, eccitata dalla neve fresca, mentre Sansone il maremmano, aveva abbaiato tutta la notte oltre la recinzione...
"Con la neve gli animali notturni si fanno arditi e bazzicano attorno alle case", mi ero detta...
Ma quando anche Isino il volpino era uscito ed aveva preso ad abbaiare anche lui forsennatamente , mi risolsi a tenere tutti i cagnetti vecchietti in casa e ad andare a vedere..qualcosa accadeva infatti al limitare della radura, presso il confine..
Ma era troppo tardi :  vidi Sighi scuotere un corpicino esanime, i peletti arruffati del barboncino macchiati di sangue.Una visone agghiacciante.Mi feci forza tremando, le intimai di lasciare l'animaletto disgraziato e per fortuna riuscii ad indurla ad obbedirmi.
Il cagnolino non  respirava più, aveva le mucose grige e la lingua ritorta tra i denti,la sollevai ed era... morta...sul dorso i segni delle potenti zanne della rot weiler...
Rimasi la frazione di un attimo sospesa sull'accettare il fatto.. come  fosse entrata al podere quella povera cagnetta era un mistero, a meno che non avesse rotto la rete dall'esterno..
Mentre pensavo cosí  qualcosa di indicibile scattò in me..qualcosa che mi fece agire in un lampo.
Quell'istinto cieco e apparentemente insensato fece sì che la raccogliessi, la stringessi al petto, coprendola dal freddo col mio scialle, rincasando velocemente, poi la adagiai sul tappetino del bagno, accesi la stufa elettrica e presi a massaggiarla...
 "Stai massaggiando un cane morto", mi interrompeva la mente, mentre il mio corpo eseguiva delle frizioni in prossimità del cuore della barboncina abbandonata
..ma era morta..il cuore non batteva più, non respirava..era finita.
 Perchè continuai ancora..non saprei dirlo, duro' mezz'ora..poi la lasciai : non c'era nulla da fare...
Attorno a me il tempo era immobile e presenze angeliche sembravano volteggiare impalpabili attorno..
 Fu allora che vidi qualcosa di impercettibile..non saprei cosa fosse...un tremito di ciglia, un rapido abbassarsi del dorso..e ricominciai con maggior lena quel massaggio, la scaldai e poi ecco di nuovo quel qualcosa...non saprei dire se fisse stato
..un colpo di tosse...la massaggiai più vigorosamente che potei senza lefere le ferite, fermai il sangue col ghiaccio,le feci ingollare acqua e zucchero, bagnandole le mucose contratte e grige..la lingua era piegata  lateralmente, ma non era più schiacciata tra i denti...
"Dai" la incitavo adesso" i barboncini sono forti", poi la pregav, con gli occhi pieni di lacrime per la commozione e il cuore pieno di amore e pietà per quella bestiola ridotta così male, col pelo lurido intricato di rovi, mentre scorgevo sul muso infilato un aculeo di istrice : "Cosa devi aver passato!" esclamai costernata...
I suoi occhietti semichiusi allora mi guardarono increduli....:
Era tornata.
L'indomani, scioltosi il ghiaccio nelle campagne, potei discendere e la portai dal veterinario: forse vivrà, forse no.
Per ora devo curarla intensamente, ogni ora...e insieme, io e lei, accetteremo il destino con tanto amore e tenerezza.
Non posso non credere che qualcuno non l'abbia guidata da me.
Ha scelto lei di venire la podere, ha sfidato la morte e forse Pierina sarà scesa dal cielo per aiutarla...
( ma il suo nome sarà stato proprio Pierina?...)
Spero di essere intervenuta in tempo, ho allevato barboncini per 30 anni... Ma affidiamoci agli Angeli: Loro sanno.
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Il senso è in quello che fai, nel tempo che scorre con te mentre  dai il massimo in ciò che puoi, al di fuori di ogni logica che non sia quella dell' amore.
Mi viene in mente una vecchia canzone: " Si può fare di più, senza essere eroi"

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Non saprei dire quando mi resi conto che la vita andasse vissuta  cercando di dare il meglio di noi in ogni circostanza e senza paura.
A volte può essere drammatica, altre volte è come un'avventura o come un gioco.Forse
 non dovremmo  stancarci mai di considerarla una sfida alla nostra capacità di adattarci: quanto poi sia necessario ridere, cambiare, ma pure soffrire, in nome di ciò in cui crediamo, è da vedere in base a quello che sentiamo di poter fare.
Poter aiutare chi ha bisogno, infine, dona la gioia più confortante, come quei diamanti preziosi, che brillano lungo il cammino dell'esistenza, con il baluginio della luce vera...
Pace e Luce


2 commenti:

  1. Mi sono commosso a leggere questa storia che mi ha toccato nel profondo come solo te Mirina sai fare.Domani sarò' migliore anche grazie a te e agli angeli che ti ispirano.

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  2. Grazie amico mio, so bene che il tuo cuore è grande!!

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