mercoledì 4 giugno 2014

Come si può essere felici

Avere un ideale

Tutti gli uomini cercano la felicità: non c'e nessun male in questo. Le stesse teorie evoluzionistiche, pur con le loro evidenti limitazioni, indicavano come necessario e indispensabile alla vita l'anelito stesso al benessere dell'individuo.
Oggi troppo spesso questo benessere si è mutato in agognata ricerca, ossessione e vuoto interiore.
Cosa è successo?
 Cerchiamo di spiegarlo con parole semplici, tratte dalla Scuola degli Angeli, per capire come potremmo ovviare a questo problema, come iniziare a superare i nostri limiti e ottenere questa meraviglia, questo bene supremo che è la felicità.

Una ricerca iniziata da bambina

Vi confesso che si tratta di una ricerca che ho iniziato da bambina: mi ero accorta presto di  quanto questo mondo non corrispondesse ai miei giochi innocenti, che c'erano bambini molto poveri e altri, lontano, in quei lidi d'Africa così peregrini da apparire improbabili, addirittura morivano di fame. Ero atterrita dalla semplicità con cui si lasciava morire un passerotto caduto dal nido e quei visetti striminziti e sofferenti che imploravano dalle foto sui giornali, mi apparivano come  un orrore troppo grande per non farmene carico.
Studiai così la situazione accanto a me e scopersi che nella mia scuola c'era una bimba che veniva senza colazione e che sotto il grembiule, spesso, non portava alcun vestito. Non era tra le più meritevoli e spesso veniva messa in castigo perchè aveva un carattere bizzarro e correva senza posa tra i banchi. Portava i capelli legati in due lunghe treccine ed erano capelli tanto fini, del colore della paglia matura.
Spesso arrivava a scuola senza merenda e quindi decisi di rendermi conto se fosse possibile e scoprii che non si trattava di una dimenticanza, mi guardava con occhi estasiati quando tiravo fuori dal cestino i miei dolcetti e poi volgeva lo sguardo imbarazzata. Poi, un giorno, che ricordo come terrificante, entrò in classe con la testa quasi completamente rasata: aveva preso i pidocchi e la madre, senza troppa grazia, aveva tagliato le treccine bionde e dato una  bella accorciata a quella zazzera color dell'avena. Ciuffetti sparuti spuntavano qua e là e l'onta che aveva subito accrebbe in me una profonda sensazione di pena per lei.
Da quel giorno facevo scivolare la mia merendina, consistente in una brioche e una cioccolata, sotto il suo banco. All'inizio le avevo offerto solo la brioche, ma la sua contentezza era stata tale che mi sembrò ovvio iniziare a regalarle anche la cioccolata. Io ne avrei avuto delle altre e invece per lei era una festa ogni volta. Spesso questa cosa non si verificava, ossia non c'erano sempre altre leccornie ad attendermi a casa, ma era talmente bello vedere la  felicità della mia piccola compagna, che non mi sembrava di subire una grande perdita. La cosa andò avanti per una stagione buona, fin quando le suore si accorsero di quel che facevo e avvisarono mia madre: da allora fui tenuta sotto controllo e redarguita severamente, la mia piccola amica si rassegnò e io ricominciai a mangiare controvoglia la mia colazione.
Quel che accadde però mi fece capire che non sempre i comportamenti altruistici erano compensati dalla società e che per far questo occorreva uscire dagli schemi che ci erano stati imposti.

Una volta usciti non c'e modo di rientrarvi e la vita cambierà per sempre, ve la sentite?

Preoccuparsi degli altri per far andar bene il mondo

Ecco che divenne chiaro per me che la più grande felicità derivava dal rendere gli altri felici e capii molto presto che questo atteggiamento non era però sempre accettato.
Eppure è una legge molto chiara: se tutti ci preoccupassimo degli altri, il mondo andrebbe molto meglio.
Ma forse non ci sarebbero quelle risacche di egoismo, quelle concentrazioni del potere, quel divario nella distribuzione della ricchezza...quegli interessi così imperanti ed irriducibili da sembrare scontati.
Fu così che durante gli anni successivi  mi lasciai spesso abbattere dalla durezza del mondo, chiedendomi come fosse possibile affrontarlo senza cedere alla sconsolazione.
Data per scontata la necessità di cooperare a fini altruistici, adoperandomi con le mie possibilità, esaminai una serie di atteggiamenti che divennero una vera e propria meditazione quotidiana e sono quelli di cui vi parlerò oggi.

Atti perfetti e atti difettosi


Infatti non c'e bisogno di lunghi viaggi, né di ardue imprese per conquistare la felicità: essa è di casa dentro di noi e Dio vuole che noi si sia felici.
 Aristotele diceva che la gioia si accompagna con l'atto perfetto, laddove cioè compiamo il nostro dovere, senza essere contrari alla coscienza, un'azione portata avanti perché si produca uno stato d'animo ispirato da valori superiori dove possa  alloggiare la felicità.
Al contrario, un atto difettoso può produrre solo un piacere effimero, un senso di vuoto, che non sarà colmato da vestiti alla moda, gioielli, feste, balli, cibi prelibati o diversivi mondani.

Come preparare l'arrivo della felicità

Quindi impegniamoci a fare del nostro meglio e teniamo a mente alcuni atteggiamenti utili:

1) Se c'è un pensiero che ci turba o che sia ossessivo, è utile confidarlo al più presto ad una persona di cui noi si abbia stima o meglio ancora al nostro confessore spirituale; al contrario, parlarne in modo libero con tutti, non rimuoverà il dubbio o la tristezza che ne viene generata (addirittura può acuirla).

2)Tener presente che ci si deve sforzare di vivere nel presente, accettando la bellezza della vita nella sua caducità, il che significa coglierla nell'oggi e non nel domani, sopratutto vivere con consapevolezza, ispirandoci alla massima "age quod agis", che ci raccomanda di essere presenti sempre all'azione che si compie.
A questo proposito ricordo una storiella tibetana che racconta di un santo venerato e saggio, cui fu chiesto di spiegare la ragione della sua Illuminazione e quello rispose:
 "Quando sono seduto, sono seduto, quando cammino, sto camminando, quando mangio, sto mangiando. 
"Ma questo lo facciamo anche noi", obiettarono gli astanti. 
"No", disse lui: "Quando voi camminate state già sedendo e quando mangiate state pensando a camminare.." (... Forse non era proprio così la storia, ma il senso era questo...)

3) Concentrate l'attenzione su di un'attività che per voi sia importante  e fatene il perno della vostra vita, lasciando che le altre le siano satelliti, evitate cioè di essere dispersivi.

4) Coltivate l'abitudine ad essere lieti, rinforzate costantemente i pensieri positivi.

5) Cercate di raffigurarvi il sentimento contrario a quello da combattere: ad esempio se qualcuno vi è antipatico, cercate di vederne i lati migliori senza lasciarvi condurre dall'istinto.

6) Moderate i desideri e le aspirazioni, ma vedete di realizzare alcuni propositi con perseveranza e fede, senza lasciarvi soffocare dall'esigenza a pretendere.

7) Ogni sera pensate a immagini di pace, di contentezza e ripetetevi frasi di salute e prosperità.

Ricordate infine che la felicità è frutto di una vita vissuta nel pieno delle nostre funzioni affettive e volitive, nell'insieme cioè di mente e volontà, unite nell'obiettivo di creare opportunità nella nostra esistenza e in quella degli altri.
Comprendere la felicità, significa infine comprendere la Verità che si cela dietro ogni Bene Spirituale profondo, che non si esaurisce mai perché è tratto dalla sorgente Divina e solo questa offre la suprema
consolazione che oltrepassa ogni bene terreno.

Pace e Luce


Nessun commento:

Posta un commento