lunedì 25 marzo 2013

Il Mistero della Morte e della Rinascita

Cari amici del blog, fratelli e sorelle nella fede degli Angeli,
oggi vorrei il vostro appoggio e la vostra comprensione per dedicarci alla riflessione su di un argomento tabù, in un'epoca come la nostra, che dedica la maggior parte del suo interesse e studio ai fenomeni della vita.
Infatti vorrei rivolgere un pensiero alla Morte, intesa come passaggio e non come fine di un percorso.

La tanatologia è appunto la scienza che si occupa dello studio dei fenomeni inerenti alla morte(da "tanatos"che in greco significa "morte" e "logos" ovvero "discorso"),essa esamina un punto di vista scientifico, ma anche antropologico e culturale di un momento importantissimo per il nostro spirito.
Negli ultimi tempi si è parlato anche  di un ambito psicologico della tanatologia, che  si rintraccia in alcune prassi terapeutiche, come l'accompagnamento alla morte o l'elaborazione del lutto.
E per voi cosa rappresenta la Morte?
Una fine di qualcosa, un momento temuto?
O siete tra coloro che "ci penseranno al momento giusto"?
In effetti credere nella morte significa credere nella vita, visto che è senz'altro parte di essa e rappresenta un momento culmine e importante che fa da epilogo ad una vita elaborata e vissuta nell'amore e nel rispetto.
"Trattare questo argomento presuppone una volontà di calarci in profondità in noi stessi, senza timori o sciocche superstizioni"
mi disse il mio Padre confessore, un giorno di tanti anni fa.

Lui sosteneva che "chi affronta la morte da vivo, non morirà mai", e come lui  hanno sentenziato anche tanti  saggi del passato.

Io sono sicura che molte persone vorrebbero capire di cosa stiamo parlando, ma hanno troppe riserve personali per poterlo accettare liberamente.
Eppure un giorno, tra venti, trenta, cinquant'anni non ci saremo più.

Tutto ciò mi ricorda un film in cui il protagonista, giunto alla mezza età controllava quanto gli rimanesse da vivere guardando l'asta di un metro e trasponendovi la sua età.
Questo attore era un ateo e quindi il suo personaggio provava una specie di afflitta rassegnazione.
Ma è così veramente?
Cosa di noi potrà rimanere a corollario di questa vita vissuta?
Molti dicono che vivranno nei loro figli, altri nei loro scritti o nelle loro opere pittoriche o di scultura, nei loro lasciti...ma rispetto al nostro Se, chi di noi ha chiaro cosa potrà accadere?

Vi invito a riflettere su questo argomento nella Settimana Santa, perché possa far fiorire una nuova consapevolezza di vita e di valore dell'esistenza.

Il momento della morte, secondo alcune culture più antiche sembra poter essere anticipato dalla nostra riflessione, fino a concederci di prepararci al grande passo con umiltà e coscienza.
Questo significa comprendere la natura illusoria del nostro muoverci su questo piano di esistenza, mentre al di sopra di noi si erige una grande Verità, imperscrutabile e solenne.

Ebbene, cari fratelli, un tempo mi fu concesso di guardare oltre la soglia di questa nostra esistenza materiale e ciò che vidi non fu buio e dolore: per questo offro la mia esperienza,ora: per aiutare coloro che devono assistere malati o persone in procinto di andare nel mondo dei più.
Chi trovasse questo argomenti troppo forte o doloroso può interromperne la lettura e avrà tutta la mia comprensione.

Quando esaliamo l'ultimo respiro siamo ancora coscienti, sebbene la nostra capacità di intendere sia offuscata da fenomeni luminosi che si succedono nel nostro campo visivo.
Luci bianchissime e rosse che sfolgorano come quando fu possibile la nostra discesa sulla terra.
Alcuni raccontano di vedere parenti o persone sconosciute in attesa accanto a loro, di questi, che la medicina chiama fenomeni allucinatori, io non saprei dire, ma sono convinta che la macchina corporea è "brevettata"per comporsi in modo efficiente al trapasso.

Ciò che ci appare è la Realtà Primordiale, che si affaccia alla coscienza di chi non abbia mai meditato in vita, con chiarezza disarmante.
Chi invece abbia avuto tempo per prepararsi con la meditazione e la preghiera profonda, scoprirà in queste esperienze una certa familiarità.
Se si è abituati ad avere paura ed a vivere nell'angoscia, il momento della morte sarà terrorizzante.
Altrimenti, se ci ricorderemo di pregare con forza ed efficacia,all'ultimo momento, sarà più facile passare oltre.

Il corpo viene abbandonato dall'anima in tempi diversi, più o meno lunghi a seconda della disponibilità interiore a lasciarci andare.
L'aver coltivato pensieri e azioni gentili e amorevoli, aver esaminato i propri difetti con chiarezza e senza indulgenza, avrà già creato le basi per una nuova comprensione dell'esperienza ultima.

Attrarremo vicino a noi gli Angeli con cui ci siamo confidati nel corso della vita e gioiremo del passaggio dando loro la mano.
Un'intensa gioia può allora impadronirsi di noi: tutto appare leggero e soave, senza peso e quel ch'è più si provano le stesse sensazioni di quando si possedeva un corpo, addirittura amplificate, assieme alla capacità di spostarci con la velocità del pensiero in qualsiasi luogo di questo e degli altri mondi.
Si ha chiarezza dei propri errori di una vita e si gioisce delle azioni maturate nell'amore.
E' mia opinione che  in questo momento di gioia e beatitudine sentiremo di poter essere d'aiuto a tutti, indistintamente e per questo molti si reincarneranno come entità di sostegno.
Altri sono invece attratti da luci meno forti, opache quasi, che appartengono ai mondi ordinari e formano i semi della loro reincarnazione, ripetendo il passaggio della vita precendente.
Altri ancora si avviano ai mondi delle Terre Pure, ossia quei luoghi paradisiaci che vengono descritti così dettagliatamente dalla mitologia tibetana.
Aver coltivato pensieri equilibrati d'amore e amicizia ci conduce al varco con leggerezza e armonia.
La Luce da cui siamo stati originati e che si esprime nelle forme di vita, è l'Alito di Dio.
Ricongiungendoci a Lui, dimentichiamo la nostra essenza separata e prendiamo parte alla Gloria.
Chi invece sia ancora molto attaccato ai piani ordinari e non abbia accettato la morte, può reincarnarsi subito o provare molta sofferenza per la separazione dal corpo.
Questa sofferenza è quella che molti chiamano l'inferno, in cui è insita l'idea del dolore e della separazione da Dio e dal corpo
 terreno.
Dunque non è Dio a condannarci, ma siamo noi stessi, con le nostre azioni e i nostri pensieri coatti.
Gli Angeli di Dio sono solo luce e sono pronti a custodirci momento per momento, affiancandoci e sollevandoci dal dolore.
E' sufficiente una sola stilla di consapevolezza, che avremo appresa durante un percorso di vita umile e dedito al Bene.

La preghiera e la meditazione di questa settimana riguarda la nostra capacità di ascoltare la nostra anima e la cura che dobbiamo averne, frequentando persone buone e coltivando atteggiamenti sereni.
E ora che  siamo giunti al termine di questa riflessione
ringrazio coloro che mi hanno accompagnata in questo viaggio ai confini della morte e auguro loro 
una vita lunga e prospera.
Pace e Luce

1 commento:

  1. Volevo portare il mio contributo a questo discorso.Mio padre ha sperimentato uno stato di premorte quando da giovane ha avuto un infarto.Mi ha detto che c'erano delle luci e delle persone vicino a lui e che lui non aveva paura ma solo tanto dolore che voleva solo allontanarsi prima possibile.Poi però è arrivato suo nonno (morto allora da 10 anni) che lo ha sgridato come da bambino e gli ha detto di obbedire e di ritornare.Mio padre ci ha raccontato questa storia per tantissimi anni.Dice anche che dopo aver visto la morte è cambiato tantissimo e anche la sua vita è cambiata in meglio.

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