giovedì 2 gennaio 2014

Due storie allo specchio

Martina e Lino, una storia di fede e amore, un regalo di Mirina per questo nuovo anno.


"Specchio d'amore"  di Mirina Donnini

Le mani solerti di sua sorella le si stringevano sulle spalle, accostandole il paletot che aveva infilato svogliatamente uscendo di casa: un'altra visita , un altro verdetto dei medici, ma finora erano riusciti solo a confermare la diagnosi: sarebbe rimasta cieca..avrebbero potuto rallentare, lenire i dolori terribili che la tormentavano quando gli accessi del male si presentavano...ma sarebbe venuto il giorno in cui non sarebbe riuscita  più a distinguere neanche le sue mani...ed ora sentiva su di se quelle della sorella, che trattenevano il suo cappotto, che la sostenevano con autorità severa. 
Un tempo era stata lei la sorella maggiore, quella che confortava e si prendeva cura degli altri e si indispettiva quando la minore si atteggiava a saputella, tanto più piccola di lei, nata dopo 10 anni di matrimonio dei suoi genitori....Martina era la maggiore, aveva 30 anni e sua sorella 20, una ragazza moderna, innamorata della  moda e del divertimento con gli amici, ma  ora era quasi innervosita dalla sua malattia.
Martina si scosse all'improvviso da quell'abbraccio indesiderato, quando dalla porta d'ingresso avvertì uno scodinzolare ansante...era Lino, il suo cagnolino...adorato Lino..poco ci mancava che la facesse cadere per l'ansia di salutarla..ora  che non gli era più permesso di sostare nella stanza della padroncina, non appena la sentiva sopraggiungere era preso da un accesso di contentezza e saltava e abbaiava felice:
"Buono Lino, buono, dopo Elena ti porterà a passeggio", mentre diceva queste parole poteva indovinare la smorfia sulle labbra di sua sorella..: non aveva mai amato i cani e Lino...era per lei solo un sacchetto di pulci per il quale erano stati spesi fior di quattrini. Non che fosse cattiva, era previdente, come diceva lei, ma Martina non se l'era mai bevuta e pur volendole bene sapeva di non poter contare su di lei come alleata, sicuramente non nel correre in soccorso agli animali. 
Poi ci fu quella volta, poco tempo prima, quando la ascoltò  mentre sopraggiungeva dinanzi ad una porta socchiusa, l'aveva  sentita lamentarsi : "Martina è  sempre stata munifica con queste bestiacce: potrebbe almeno limitarsi a portarli ad un canile,invece li ospita, gli cerca una nuova famiglia, li cura..poi magari non ha denari per andare dal parrucchiere e sperpera con loro tutto quello che guadagna...".
Quando l'aveva sentita parlare così il suo cuore aveva avuto un tonfo....si occupava di loro sì, aveva rinunciato a cose che considerava inutili e fatto quel che poteva per gli animali, ma senza chiedere l'aiuto di nessuno e  si sforzò di reprimere le lacrime. La malattia non si era ancora manifestata con tutta la sua violenza,  ma l'avevano avvisata che non avrebbe dovuto piangere, qualsiasi sforzo sarebbe stato pericolosissimo nelle sue condizioni e lei degludì il dolore.
Ma poi erano venute le lunghe notti in cui le ulcere si aprivano e Martina sentiva mille spilli infuocati trapassarle gli occhi, il dolore acuto, l'emergenza, i medici...Lino fu scortato in giardino e lì era rimasto per tanto tempo.Sua madre, concorde con sua sorella Elena, riteneva che la  presenza di un cane avrebbe contaminato l'ambiente e che lei, Martina, doveva osservare la massima igiene.
Era troppo debole e aveva detto di sì, ma cercava di chiamarlo a se  attraverso i vetri della finestra..che le apparivano sempre più offuscati... si chiedeva che male potesse farle averlo ancora sul suo letto, giocarci come avevano sempre fatto, stringerlo a se come un tempo.
Così la sera, al ritorno dalla visita medica, aveva atteso che madre e sorella fossero andate a dormire ed aveva disceso piano la scala di legno che portava dabbasso.
Silenziosamente si era accostata alla porta d'ingresso e si era sorpresa di trovarlo  lì dietro, come se l'avesse udita chiamarlo.
Aveva sempre saputo che tra loro c'era un contatto che andava al di là delle parole, una capacità di Lino di indovinare i suoi stati d'animo e di sopraggiungere proprio quando lei lo stava pensando.
Sin da quando lo aveva raccolto in strada, che vagava solo, l'aveva seguita fiducioso e non si erano più separati...Lino, un cagnolino di taglia medio piccola, di 10 chili scarsi, col pelo fulvo e ricciuto  e il nasino marrone e rosa, il veterinario che l'aveva rassicurata sulla  salute del cagnolino, aveva sentenziato: "credo che sarà di buona compagnia".  Ma era stato molto di più: l'affetto di Lino l'aveva di fatto sostenuta quando all'improvviso era morto suo padre, per un attacco di cuore e lei era piombata nel tunnel della depressione.  Lino era sempre stato lì accanto a lei e un giorno l'aveva condotta piano, piano fino al giardino, aveva aspirato con lei l'odore della primavera e le aveva posato il capino sul cuore, proprio lì dove faceva male...quanta tenerezza silenziosa avevano condiviso...
Ecco perché quella notte lo voleva ancora abbracciare, a dispetto dei medici, delle cure e della sua famiglia zelante.Lo fece salire silenziosamente nella sua camera, ridendo di piacere alla gioia evidente del cagnolino e anche lei, dopo tanto tempo e tanto dolore patito, scopriva di poter sorridere ancora.
Quando furono in camera, Lino non saltò sul letto come era solito fare, ma si accucciò accanto alle sue pantofole, attendeva, sembrava capire che lei era debole, che qualche cosa era cambiato nella sua piccola amica.Lei gli sorrise e disse solo: "Vieni qui", il piccolo saltò su e si accoccolò tra le braccia della sua "mamma" umana e... si addormentarono felici, abbracciati fino al mattino.
Quella notte  non ebbe dolori e dimenticò tutti i suoi crucci.
Era giorno fatto quando Martina si svegliò, la luce entrava dalle finestre e  lei rabbrividì sentendo i passi della madre avvicinarsi , mentre Lino ringhiò un poco all'irrompere di questa nella stanza:
"Eccolo qui" disse  quasi urlando l'anziana signora aprendo la porta: "possibile che tu sia così irresponsabile, Martina?!
Per fortuna  tua sorella ha preso provvedimenti, saluta il tuo cagnolino perché è venuto a prenderlo l'addetto del canile".
Martina intanto era scesa dal letto e cercava con la mano la vestaglia,tastando attorno alle coperte, era tutto così opaco con il sole, non aveva ancora indossato gli occhiali con cui si difendeva dai raggi. Lino però era scappato sotto il letto, quasi presago di quel che stava per accadere e Martina lo aveva cercato, pregandolo di venire da lei..intanto chiedeva a  sua madre di che stesse parlando e che storia fosse quella..
Nel frattempo era entrata sua sorella e le aveva spiegato che era necessario "almeno per un periodo",che con sua madre non potevano più accudirlo, mentre lei, Martina, doveva pensare a curarsi e che comunque  non voleva sentire altre storie...
E allora era accaduto tutto..Martina aveva inteso solo uno scalpiccio, la madre e la sorella avavano cercato di trattenere Lino, lui si era difeso mordendo e scappando via e  ora sua madre gemeva e lo malediceva, la sorella lo aveva seguito nella sua fuga al piano di sotto e la sentiva gridare: "Vieni qui cagnaccio ringhioso!"
 Intanto, dalla porta d'ingresso aperta, s'udiva provenire la voce stentorea di un uomo: "Stia tranquilla signora,lo prendiamo noi, pensiamo a tutto noi, poi ci sono i documenti da firmare..."
No, non era possibile, pensava Martina, non stava accadendo davvero...tutto questo era mostruoso, la gola le doleva e le lacrime le tremavano sulle ciglia, aveva urlato, lo aveva chiamato, ma Lino aveva imboccato la porta principale ed era corso in strada, liberandosi dalla stretta di Elena e oltrepassando l'acclappiacani...
 Martina intanto stava scendendo  in vestaglia, sorreggendosi al corrimano della scala ma continuava a chiamarlo: "Lino, Lino!!"
Poi  ci fu una pausa e un solo pensiero era nella testa.
"Lino è corso in strada da solo"
Il cuore prese a batterle forte, qualcosa si aprì in un attimo e risucchiò tutta la sua forza e i suoi pensieri in un vortice, quei momenti in cui la percezione di amplia e puoi vedere il tuo futiro prima che si compia...
  Fu allora che sentì un tonfo sordo.
Uno schianto,rumore di freni..tutt'assieme.
Poi un unico guaito lungo : l'urlo di dolore di Lino.
Un gelo improvviso la investì. Si tirò avanti, le sembrava di essere un automa, strappandosi dalla stretta dei familiari che la trattenevano, uscì in strada e corse da Lino...
Delle macchine erano ferme in smezzo alla strada, gente che la tratteneva:
" Non c'e' niente da fare" le dicevano" vieni via..."
Lino giaceva in una pozza di sangue e lei si era inginocchiata accanto a lui :"Portatelo da  un veterinario.è vivo, è ancora vivo", pregava stravolta ...

 L'addetto del canile fece il suo lavoro, sollevò il cagnolino oramai morente e lo portò via.

Da quel giorno le condizioni di Martina come previsto si aggravarono, perse la voglia di vivere e di mangiare, si ammalò di depressione, non volle più accanto i parenti, la vista peggiorò e doveva usare mille precauzioni per potersi vestire, lavare e occuparsi di se e dovette accettare l'aiuto di un'infermiera.
Ma i costi erano altissimi e fu deciso di ricoverare Martina in una struttura specializzata.
Oramai era quasi un vegetale, non le importava nulla.Non vedeva nulla o almeno solo delle ombre e l'incubo del dolore agli occhi la tormentava, ma c'era una pena più grande, la fine di Lino.
All'ospedale fece nuove conoscenze, i medici e gli infermieri erano gentili e la storia della giovane degente era passata di bocca in bocca.Tutti le si rivolgevano con premura e un giorno le fu annunciato che sarebbe stata inserita nelle sessioni di  pet terapy. Lei non voleva saperne, il medico però cercava di stimolarla: "Non si lasci andare, lei è così giovane e la vita non è finita, Martina, esiste poi un'operazione che ha dato buoni risultati in casi come il suo", ma lei non voleva nessuna terapia, ma sopratutto non voleva  nessun animale: tutti le avrebbero ricordato Lino, lei non aveva saputo proteggerlo, lei era indegna di vivere.
Così , quando la condussero sulla sedia a rotelle nel giardino della clinica, era mal disposta, aveva risposto male all'infermiere e ora non vedeva l'ora che la riportassero in camera sua.
Intorno a  lei i malati scherzavano con dei cagnolini, alcuni erano seduti a terra e  accarezzavano altri piccoli allegri batuffolini, ma lei vedeva pochissimo e indossava solidi occhiali avvolgenti atti a non far penetrare vento e polvere...
In quel momento  sentì avvicinarsi a lei uno di quei piccoli impegnati nella terapia agli umani ed ebbe un moto di repulsione, ritraendo le mani in grembo.
Allora accadde qualcosa che ancora oggi ricordano in quella clinica e che spesso gli infermieri e i medici avrebbero raccontato negli anni a venire : il cagnetto si alzò sulle zampine posteriori  e allungò il musetto sul grembo della ragazza, appoggiò il capino  sulle sue ginocchia  e  le leccò le mani.
"Qualcuno porti via questa bestia" urlò lei e subito la volontaria della pet terapy la raggiunse, scusandosi : "Abbia pazienza" le diceva allontanando il cagnolino, "non l'ha mai fatto con nessuno, è buonissimo, sa, è un cagnetto non vedente, ma sa stare tanto bene con le persone....da quando ha avuto un incidente in cui è stato per morire  ha perso la vista, ma è così in gamba che è stato impiegato nel programma di pet terapy del canile".
Dapprima Martina non aveva capito, le parole non le aveva ascoltate, ma poi risuonarono dentro di lei :"dopo un incidente ha perso la vista" e poi aveva sentito quel capino ricciuto tra le mani, quella tenerezza le ricordava....
"Lino!!!" aveva gridato straziata, alzandosi dalla sedia e il piccolo subito le era balzato accanto , lei allora l'aveva sollevato e portato in braccio, aveva pianto, tante lacrime, tra gli uggiolii e i baci di Lino: lui l'aveva ritrovata, lui aveva avuto fede:
"Lino sei proprio tu? Amore mio..sei tu? Ora nessuno ci potrà più separare, ora guariremo insieme"

E chi assistette a quella scena giura davvero che quelle lacrime avevano iniziato a guarire entrambe, tanto che,  pochi mesi dopo, Martina e Lino lasciarono  assieme da quella clinica per andare incontro ad  una nuova splendida vita, entrambe con la speranza e l'amore nel cuore.

Dedico questa storia a chi sia stato deluso dagli umani, a chi voglia costruire un nuovo mondo e non sappia ancora che può farcela.


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